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AVVENTO: semaforo…blu?

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Avvento3_cdv3Avvento, tempo di attesa: attesa del Natale, certo, ma anche attesa, semplicemente.
Noi attendiamo Dio e Dio attende noi. Attende che ci apriamo alla vita e all’amore. Don Tonino Bello scriveva “Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito”.
Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa (Lc 12,36).
Ma l’attesa cos’è?
Dio per farcelo capire parte sempre dal piccolo, da qualcosa che apparentemente non si vede, come un bimbo che nasce di notte in una grotta al freddo ma che crescerà e si rivelerà un Re o un piccolo granellino di senape, simbolo del Regno, il più piccolo tra i semi, che tuttavia si trasforma in una pianta abbastanza grande da poter dare riparo agli uccelli (Mc 4, 30-32).
Il seme è una metafora che ormai, forse, non capiamo più. Ora si piantano alberi già grandi perché si vuol vedere immediatamente il parco o il giardino ultimato. Non si ha la pazienza di aspettare che il piccolo albero cresca di anno in anno, si vuole “tutto e subito”.
Oggi molti non riescono più ad attendere. Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza (Don Tonino Bello). Attendere è difficile perché è sentire che non basti a te stesso. Ognuno di noi lo sa. Quando si aspetta si guarda l’orologio per vedere se è giunto il tempo. Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che si aspetta. In ogni attesa c’è una traccia dell’attesa del Natale, l’intuizione che la vita è più luminosa proprio perché Qualcosa accadrà, Qualcuno verrà.

Una volta il semaforo che sta a Milano, in piazza del Duomo, fece una stranezza. Tutte le sue luci,ad un tratto, si tinsero di blu e la gente non sapeva più come regolarsi.
“Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?” Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l’insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai. In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano: “Lei non sa chi sono io!”.
Gli spiritosi lanciavano frizzi: “Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna. Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini. Col giallo sapete che fanno? Allungano l’olio d’oliva.” Finalmente arrivò un vigile e si mise a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu pensò: “Poveretti! Io avevo dato il segnale di via libera per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio.”

Bruno Ferrero così commentava questa favola di Gianni Rodari: Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille “grane” quotidiane. Il semaforo blu è qualcosa che ti dice: “Fermati! Stai buttando via un tesoro! Non c’è solo la terra! Guarda su! C’è anche il cielo!” Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano…
Cristo a volte ci fa fermare e noi non capiamo perché…
Basta ricordare la storia di un semaforo che dava il segnale di blu per chi avesse avuto il coraggio di aspettare, credere e poi volare… Ricordiamocelo, fratelli e sorelle, mentre, uniti nella preghiera, aspettiamo quella notte in cui nascerà Colui che fa nuove tutte le cose…

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