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BALLO IN MASCHERA

Categories: Compagni di volo,Rubriche

È di nuovo Carnevale. Personalmente non mi è mai piaciuta tanto questa festa, ma come dicevano gli antichi romani: Semel in anno licet insanire ( una volta all’anno è lecito impazzire). A mia figlia, invece, il Carnevale piace tanto e mi ha già chiesto di aiutarla a creare i travestimenti per, nell’ordine, gatto, principessa, principessa gatto, moschettiere/lady Oscar, pirata, ape-gatto(???).

Al di là della mia perplessità sui suoi gusti in fatto di travestimenti, questi giorni mi danno l’occasione per riflettere su un quesito importante. Nella vita reale, quella di ogni giorno, siamo sicuri che gli uomini a Carnevale non portino soltanto una maschera in più rispetto al solito?

Il mio professore di italiano al liceo diceva sempre in classe: “C’è gente che al mattino non si veste, si traveste!” e poi cominciava a spiegare Pirandello, uno dei miei scrittori preferiti, che scrisse la storia di Vitangelo Moscarda, uomo come tanti che vive contento della propria condizione fino al giorno in cui la moglie gli fa notare un’imperfezione al naso. Egli comprende di non essere come si era visto fino ad allora, ma di avere un volto diverso per ognuna delle persone che incontra. “Chi sono,  dunque?” si chiede.  “Uno, per me stesso; centomila, per le persone che incontro. E dunque, nessuno?” , scivolando piano nella follia.

L’esperienza di questo personaggio, chiaramente esagerata per la narrazione, è però altamente simbolica. Anche a noi è capitato di sentirci annientati da un giudizio altrui o, magari, di perdere la fiducia in noi stessi quando gli altri ci vedono brutti, poco attraenti, antipatici, pigri … Ed allora preferiamo rifugiarci nella solitudine dove possiamo coltivare il nostro valore, o la nostra miseria, davanti ai nostri propri occhi senza confronti e senza riscontri.

Ma qual è la verità? Chi siamo davvero?

Fratelli e sorelle, chi di noi non è alla ricerca del proprio volto? E non è una domanda che si pongono solo gli adolescenti.

Guardiamo le nostre vite. Un giorno ci sentiamo capaci di dominare il mondo, il giorno seguente soffriamo schiavi schiacciati dalle nostre angosce. In questo gioco difficile d’equilibrismo non sappiamo chi siamo, né quale sia il nostro ruolo. Allora cerchiamo di assumerne uno, qualunque esso sia, pur di uscire dall’anonimato. Il ribelle, il super efficiente, il depresso, la vittima, l’impegnata, l’intellettuale, il cinico, il disilluso. Un ruolo fisso ci rassicura, ci dice esattamente quello che dobbiamo dire o fare senza affidarci fiduciosi giorno per giorno nelle mani di Dio, grandi e potenti sì, ma anche volte percepite come molto, troppo, lontane. Fa paura affidarsi e così preferiamo indossare delle maschere e, tanto ci abituiamo a questo ruolo preconfezionato, che inganniamo anche noi stessi e pensiamo di ingannare persino Dio!

“Ma essere cristiani è trovarsi di fronte a Colui cui non possiamo nasconderci, di fronte a cui non possiamo mascherarci” diceva Nicolás Gómez Dávila.

Mettendo una maschera, una persona per un momento potrà forse apparire bella, spiritosa o originale. Una bella tentazione. Chi non vuole sentirsi apprezzato o ammirato? Ma quanto tempo può durare una maschera? E quante dovremmo averne per fronteggiare tutte le varie situazioni?

Passiamo ad un altro punto di vista. Nella lingua italiana,  portare una maschera, avere una doppia faccia, è anche sinonimo di ipocrisia.

Il termine ipocrisia deriva dal greco e veniva usato a teatro. L’ipocrita era l’attore del teatro greco che, per interpretare la sua parte, usava portare una maschera, con l’aspetto triste o allegro a seconda dei casi.

L’attore impersona ruoli e personaggi dai carattere e dai sentimenti diversi. Un bravo attore sa fingere di amare alla follia, sa essere santo o criminale, forte o debole, violento o pacifico, credente oppure ateo, operaio, poliziotto, medico, assassino, mendicante o re.

L’attore lo fa per passione e per denaro, ma molti di noi fanno gli attori durante tutta la propria vita, facendo credere di essere quello che non sono, per convenienza, per debolezza o per paura.

L’apostolo Pietro scriveva: “Deponete dunque ogni malizia ed ogni inganno, le ipocrisie, le invidie ed ogni maldicenza (1Pietro 2,1)”.

E Gesù diceva: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché rassomigliate a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putredine. Così anche voi di fuori apparite giusti davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d‘ipocrisia e d‘iniquità (Matteo 23,27-28)”.

Se porto per lungo tempo una maschera, perdo la mia identità, il meglio di me, mi obbligo ad una serie di bugie che rendono la mia vita incatenata all’apparire diverso da quello che sono. Mi incateno ad un ruolo che un giorno, forse anche oggi, può risultare pesante, asfissiante.

L’altro giorno mia figlia era andata ad una festa dove le hanno disegnato sul viso una farfalla. A casa mentre le pulivo la faccia e usciva fuori di nuovo il suo visino tanto bello e sorridente, mi chiedevo: Chi ci può aiutare ad essere noi stessi? Come fare a liberarci dalle maschere? Che cos’è che ci cambia?

La risposta è una sola.

L’amore di Dio. Il nostro carattere, il nostro viso dovrebbero riflettere Dio, sulla cui immagine siamo stati creati e non il trucco che la vita ci applica giorno dopo giorno.

Iniziando dall’amore, il resto viene quasi da sé.

Un racconto narra di una donna che entrò in coma, dopo un incidente, e sognò di essere già al cospetto di Dio in Paradiso. Il Signore le domandò: “Chi sei?”. Ella rispose: “Sono la moglie del Sindaco”. “Non ti ho chiesto di chi sei moglie, ma chi sei tu”. “Sono la madre di tre figli”. “Non ti ho chiesto di chi sei madre, ma chi sei”. “Sono un insegnante che ha dedicato molte energie ai ragazzi orfani e ai più bisognosi”. “Non ti ho chiesto cosa hai fatto, ma chi sei”…

Il dialogo continua per un po’, ma il concetto è chiaro. Noi sapremmo rispondere veramente alla domanda: Chi sei?

Per scoprire la propria identità è necessario accostarsi all’altro, facendosi mendicanti d’amore: “Ho bisogno di te, del tuo amore, delle tue parole, del tuo ascolto”.

Ci si rivela nell’amore, fratelli e sorelle. Solo nell’amore.

Le persone, spesso, appaiono vuote ed insignificanti, perché non sono guardate con amore.

Gesù, accostandosi alla Samaritana, alla emorroissa del Vangelo di qualche giorno fa, a noi peccatori, restituisce dignità e bellezza. Chiedendo amore e dando amore, noi stessi riscopriamo la nostra identità, la nostra bellezza, l’infinito mistero che è in ciascuno di noi.

Quando incominciai questa rubrica mi ripromisi di parlare solo di cose che avevo vissuto personalmente. Ebbene, questo argomento mi tocca molto da vicino. Tante volte nella mia vita mi sono chiesta chi fossi. Cambiando il mio stato, bambina, studentessa, professionista nel mio lavoro, moglie, mamma, disoccupata, occupata in una nuova professione, cambiavo anche il mio essere? Entriamo più nel dettaglio, il mio essere si esaurisce solo in quello che faccio o c’è altro? Non è forse la mia relazione con Dio che mi definisce pienamente come essere? Ho passato quasi tutta la mia vita a impersonare il personaggio più duro e ribelle che potessi immaginare per nascondermi, ma posso testimoniare con onestà che solo davanti a Dio mi sono sentita nuda e vulnerabile, è vero, però non attaccata, anzi, ma vista nella mia interezza con amore infinito. Solo davanti a Dio la mia maschera era solo un giocattolo per bambini. La verità rende liberi, Lui ce lo ha insegnato. Nessuna delle mie parti era usata per nascondersi. La mamma che vuole imparare esisteva accanto alla bambinaba che vuole affetto e alla professionista che vuole migliorare e alla moglie che vuole crescere e alla donna che perennemente si pone domande e all’anima che è sempre in cerca, in pace. Per mia abitudine quando una cosa mi tocca da vicino sento il bisogno di parlarne o di scriverne, di pregarci, di poter mettere nelle parole il peso di quello che provo. Non sempre ci riesco e allora cerco nella Bibbia, nei libri, nei siti di teologia, qualche parola di conforto.

Stavolta ho trovato in internet questa preghiera:

Non voglio essere una maschera vivente

Signore,
Ti chiedo aiuto perché in questo mondo
è veramente difficile essere se stessi,
avere un proprio stile…
pensare con la propria testa
ed essere “limpidi” davanti agli altri,senza maschere!
Signore, aiutami a credere in Te,
aiutami a capire che se Tu sei con me,
non ho bisogno di nessuna maschera per piacere agli altri,
per non soffrire, per essere felice!
La Bibbia dice che “mi hai creato come un prodigio”,
sono unico e speciale,
aiutami ad essere me stesso
con tutte le persone che incontro.
Aiutami ad essere ogni giorno… (ognuno qui può pronunciare il proprio nome)
Amen. 

Fratelli e sorelle, Dio viene per incontrarci senza maschere. Proprio per incontrare me, te, lui. Non uno qualunque, però, ma proprio noi nella nostra interezza. Così come un padre e una madre conoscono le linee del volto del figlio perché le hanno percorse con gli occhi e con le dita in mille carezze, così il nostro Padre conosce le linee del nostro cuore perché vi è sempre davanti a chiedere di entrare. Facciamoci vedere da Lui. ParliamoGli. Lui ci amerà così come siamo, tutti,  ma proprio tutti, nessuno escluso!

Fratelli e sorelle, restiamo sempre uniti nella preghiera!

4 Responses to "BALLO IN MASCHERA"

  1. Enrico Posted on 6 febbraio 2018 at 23:37

    Grazie, perche’mi fai pensare.
    Il carnevale, evitando certi eccessi, non mi dispiace; vissuto nella maniera giusta può essere un bel momento di festa.
    Invece, le maschere che indosso per comodità nel tempo ordinario nel mettermi in relazione col prossimo col passare del tempo diventano pesanti.
    Mi ritrovo solo nel silenzio, guardando Gesù crocifisso, con la testa bassa gli occhi chiusi…non dice niente, ma comunica tutto, libera

  2. Giusi Posted on 7 febbraio 2018 at 11:35

    Grazie per la bellissima riflessione 🙂
    Purtroppo ogni giorno siamo costretti ad essere “uno, nessuno e centomila”, ma come hai detto tu, solo nell’amore di Dio possiamo essere noi stessi, io l’ho sperimentato: potermi mettere a nudo, esprimere ciò che veramente penso, provo, soffro, davanti a Lui e dopo… un grande senso di Pace.
    Grazie, il Signore benedica te e la tua bellissima famiglia 🙂

  3. COMPAGNI DI VOLO Posted on 7 febbraio 2018 at 18:48

    Vi ringrazio per i vostri commenti e risonanze. Le maschere che da soli ci imponiamo di indossare diventano presto catene e solo la libertà di Dio che spezza ogni laccio può farci ritornare col viso pulito ma soprattutto autentico. Ritrovare la bellezza del nostro peculiare modo di essere, unico e irripetibile, nell’amore di Dio è un grande dono. Aiutiamoci l’un l’altro a riscoprirlo.

  4. antonio Posted on 9 febbraio 2018 at 11:02

    “tu eri dentro di me e io fuori…”..”Tu eri con me, ma io non ero con te…”

    Rientrare in se stessi, come insegna il Vangelo parlando del figliol prodigo, è la strada per riscoprire chi siamo realmente agli occhi di Dio che ci chiama e ci aspetta per farci riscoprire che siamo Sua Immagine…

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