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SEMPLICITÀ SORELLA MIA! Vietato lamentarsi…

Categories: Rubriche,Sinfonia a due mani

C’è sempre un motivo per lamentarsi, perché non lavoro, perché non guadagno abbastanza o ritardano a pagarmi, perché le vacanze sono durate poco o perché non posso fare la vacanza che voglio, perché sono stanca e stressata, perché il vicino ha la casa più grande della mia, perché la mia amica veste firmata e io no, perché non posso mandare i miei figli in palestra, perché lavoro troppo o perché lavoro poco, perché il mio capo è ingiusto, perché non ho tempo, perché i miei figli mi fanno impazzire, perché non ho figli, perché devo occuparmi da sola di mia madre (padre) ammalata, perché mio marito (moglie) mi trascura, perché nessuno mi aiuta in casa… L’elenco potrebbe continuare all’infinito.
In ambito psicologico le persone che si lamentano manifestano la tendenza a rimuginare, ovvero alimentare un pensiero negativo ricorrente, chiudendosi in questo stato d’animo, vedendo soltanto aspetti e momenti negativi nella propria vita. Di fondo la persona lamentosa ha una bassa autostima, insicurezza e senso di incapacità e di sfiducia nelle proprie capacità, infatti, la tendenza a lamentarsi e a rimuginare di solito è un tratto di personalità, una condizione che è stata interiorizzata. Altre volte però ciò che spinge a lamentarsi continuamente è la semplice ricerca di attenzione da parte degli altri, in altre occasioni può capitare di vivere anche solo un periodo, una fase passeggera della propria vita, in altre ancora, questa tendenza può essere ricondotta a delle psicopatologie.
In generale alla base c’è uno stato di insoddisfazione e di insicurezza, si vive un fallimento e non si vede alcun aspetto positivo e così ci si continua a lamentare, come in un circolo che si autoalimenta, infatti, tuttavia, possiamo sintetizzare con una frase: mi lamento perché non sono mai soddisfatto e non posso fare quello che voglio! Già! Quello che voglio… ma cosa voglio? Già qualche mese fa avevamo riflettuto sulla differenza tra desiderio e bisogno e sul fatto che la mia volontà può non corrispondere alla Volontà di Dio, cioè al vero bene per me (vedi articolo Volontà di io/Dio), partendo da qui, e ricollegandoci ad un’altra riflessione, quella sulla rabbia (vedi articolo), ho ragionato e meditato sul fatto che, io per prima, guardo sempre immediatamente a ciò che mi manca, e poi a ciò che già ho, o mi soffermo sulle ingiustizie, e perciò mi arrabbio e mi divento triste. Osservando le persone intorno a me, i colleghi di lavoro, le mamme a scuola, in famiglia, la musica è la stessa: guardiamo la parte vuota del bicchiere e non quella piena, ci ostiniamo a guardare quello che abbiamo perso e non ci orientiamo a quello che potremmo conquistare.
Ci affanniamo alla ricerca di raggiungere la felicità nelle sue varie forme, uno stipendio più alto, una casa più grande, figli che fanno mille cose… Più, più, più di tutto, e ci perdiamo la bellezza delle piccole cose, quelle autentiche, quelle semplici, quelle umili. Spesso non abbiamo bisogno di tutto quello che compriamo, di tutto quello che facciamo e che facciamo fare agli altri, dello sfarzo delle feste, delle celebrazioni in pompa magna, il più delle volte stare a casa con qualche amico o in famiglia e mangiare una pizza, ci riempie più di una festa lussuosa in una meravigliosa location.
Dio si rivela ai piccoli e agli umili, e San Francesco ne è la testimonianza vivente: quando era nella casa di suo padre, vivendo nel lusso, negli sfarzi, andava alle feste, quindi conduceva una vita umanamente piena ed appagante, ma si sentiva vuoto e insoddisfatto, perché i “ricchi” non hanno bisogno di Dio e non lo cercano, invece, quando ha lasciato tutto e ha dedicato la sua vita a Dio e ai più poveri, la sua vita si è riempita. Quando hai tutto, ti manca sempre qualcosa, quando invece non hai “niente”, hai tutto, perché quel niente lo riempie Dio con la Sua presenza, però se gli apriamo il nostro cuore e lo lasciamo entrare, se liberiamo la nostra mente dai nostri pensieri per lasciare spazio a quelli di Dio. Attenzione a coltivare la presenza di Dio nella nostra vita, con la preghiera assidua, l’Eucarestia, la Confessione, perché il demonio è sempre lì pronto a rubarci lo Sposo.
Gesù ci invita a recuperare le piccole cose e ad andare da Lui quando ci sentiamo stanchi e oppressi, ma ciò di cui parla, che ci stanca è la ricerca delle false sicurezze, delle soddisfazioni passeggere, per le quali ci affanniamo senza sosta. Naturalmente, ciò non vuol dire che dobbiamo porci in una posizione di passività e non fare più nulla, al contrario, dobbiamo lottare (nella Carità e nella Verità) per raggiungere i nostri obiettivi (secondo la volontà di Dio), dobbiamo denunciare e combattere le ingiustizie, difendere i più deboli, senza paura, perché il Signore è la nostra forza. Quello che dobbiamo cambiare è il nostro atteggiamento, il nostro modo di guardare, la nostra posizione nei confronti del mondo. Epicuro diceva “Non rovinare quello che hai, desiderando quello che non hai; ricorda che ciò che ora hai, un tempo lo avevi desiderato!”. Io aggiungo che quello che ho e mi pesa, magari un altro non ce l’ha e lo desidera! (Riflettiamo).
Il primo cambiamento da fare è cominciare a RINGRAZIARE e LODARE, sempre e per tutto, sin da quando apriamo gli occhi la mattina. Pensiamo alla nostra vita e ringraziamo! E quando siamo in difficoltà, qualcuno o qualche situazione ci disturba o ci affligge, ringraziamo il Signore perché Lui c’è, è accanto a noi e ci aiuta ad affrontare queste difficoltà: “Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.  Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.  Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Matteo 11, 28-30).

Quindi da oggi “Vietato lamentarsi!”, almeno proviamoci… A cominciare da adesso abituiamoci a ringraziare: “Grazie Signore per quello che sei, per tutto l’amore che mi dai sempre. Grazie Signore perché mi hai dato la vita, perché ogni giorno mi permetti di servirti attraverso il lavoro, la famiglia. Grazie Signore… (nostre intenzioni)“.
Possiamo prendere spunto dai Salmi nella Scrittura, ad esempio il Salmo 138 che è l’inno di ringraziamento fatto da Davide; da canti religiosi, ad esempio il Canto del Rinnovamento nello Spirito “Signore grazie” tratto dall’album “Misericordia sei” del 2016; ancora, dal bellissimo Cantico delle creature composto da San Francesco… Oppure semplicemente dire a Dio “GRAZIE SIGNORE!”, e ripetere la frase come una giaculatoria, davanti il Santissimo Sacramento, o davanti ad un Crocifisso, o semplicemente chiudendo gli occhi: a me aiuta molto cantare, e ripetere la giaculatoria guardando il mio crocifisso, oppure il quadro di Gesù Misericordioso con i suoi bellissimi raggi…

Non importa il modo o lo strumento che utilizziamo, ognuno trovi il suo, l’importante è LODARE, RINGRAZIARE e avere un atteggiamento SEMPLICE: anche se la sofferenza non passa, la vita diventa più leggera, garantito!

Dott.ssa Giusi Perna 

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